Negli anni Settanta del Novecento, a partire dalle istanze politiche del movimento delle donne ha origine una critica letteraria femminista che a lungo si è confrontata sulla sessuazione del linguaggio, in particolar modo quello femminile, così come esso si manifesta nei testi letterari delle scrittrici, italiane e di altre lingue madri. Dagli anni Novanta però la presenza sempre più articolata di scritture in rete che nel digitale sembrerebbero occultare il corpo sessuato coincide, almeno cronologicamente, con la decostruzione del genere sessuato che ha luogo con il costituirsi degli studi queer, rispetto cui uno dei testi fondativi è Gender Trouble di Judith Butler. Questo contributo mira pertanto ad analizzare la configurazione del digitale quale luogo di messa a tema problematica delle questioni relative alla sessuazione, letteraria e linguistica.
In che modo, infatti, il binomio Natura/Cultura – spudoratamente e provocatoriamente messo in discussione da Donna Haraway nel suo Manifesto Cyborg – s’incontra con le istanze LGBT? Quanto questo influenza e quanto viene influenzato da tali istanze? Ma soprattutto, all’interno del suddetto orizzonte d’indagine, il testo letterario ha ancora valenze che possono essere definite “situate”, ovvero irrelate rispetto a un corpo sessuato, di qualsiasi tipo di sessuazione si voglia intendere o sottintendere? Oppure, come è stato osservato da più parti, si è di fronte a casi di essenzialismo biologico?
Questi interrogativi, originati dalla critica sulla scritture delle donne, ma che più generalmente riguardano le scritture di donne e uomini e quant’altre identità sessuate si vogliano configurare a partire dal desiderio, saranno dunque i punti focali della presente inchiesta sul digitale quale luogo di problematizzazione delle dinamiche di sessuazione linguistico-letteraria.